Il cinema, l’immortale: il nuovo libro di Daniele Vicari in anteprima a Lecce per Conversazioni sul futuro

Il cinema, l’immortale: il nuovo libro di Daniele Vicari in anteprima a Lecce per Conversazioni sul futuro

Sabato 15 ottobre alle 19:30 alle Officine Cantelmo di Lecce, il festival Conversazioni sul futuro ospita, in anteprima, la presentazione de “Il cinema, l’immortale“, nuovo libro di Daniele Vicari, in uscita martedì 18 ottobre per Le Vele di Einaudi. Il regista dialogherà con la giornalista, critica cinematografica e sceneggiatrice Antonella W. Gaeta.

Più o meno alla fine di ogni decennio il cinema è stato dichiarato morto, da quando è nato in quel famoso 28 dicembre 1895. Gli stessi fratelli Lumière che gli diedero i natali dissero che si trattava di «una invenzione senza futuro» e lo dissero pensando alla vertiginosa evoluzione tecnologica di cui si erano fatti essi stessi interpreti in quanto industriali, produttori di pellicole e macchine da ripresa. Così il buon vecchio film, pur essendo nato per il grande schermo, ma essendosi adattato meravigliosamente al piccolo fin dalla diffusione dei primi apparecchi televisivi (parliamo degli anni Cinquanta del secolo scorso), pare stia facendo la parte del leone sulle innovative piattaforme digitali. Durante il blocco dovuto alla pandemia e anche dopo, i film hanno superato le serie tv. Cos’è quindi il cinema oggi? È arrivato il momento di chiederselo fino in fondo.

«Ho scritto questo volumetto perché mi deprime la litania sulla “morte del cinema” che sento ripetere dal momento stesso in cui, a vent’anni, dopo aver clamorosamente sbagliato facoltà, ho sbagliato anche l’ingresso d’aula e, anziché entrare in quella di Lettere Moderne, sono entrato in quella di Storia del Cinema, non sospettando nemmeno che fosse una materia universitaria, cioè che si potesse addirittura studiare, il cinema», ha spiegato Vicari in un post sui social. «Negli anni ’80, quando cominciai a studiarlo, andava ancora di moda “la morte dell’arte”, e quindi anche il cinema non se la passava tanto bene. Soprattutto stava per esplodere il “nuovo mondo dell’immagine elettronica”. Questa sorta di sport dialettico intorno alla più volte annunciata “morte del cinema” è stato ed è praticato tuttora da molti esteti, studiosi, cineasti, come se non si riuscisse proprio a sottrarsi, almeno una volta nella vita, a dichiarare morto qualcosa. Il cinema, con la sua continua trasformazione, sembra essere il terreno di gioco ideale, infatti è stato dichiarato defunto con l’invenzione del sonoro, con quella della tv, con l’avvento del video poi del digitale e ora con la diffusione di internet e i nuovi dispositivi compatti come smartphone, tablet ecc», prosegue il regista. «Mi sono infilato in questa diatriba, tentando di farlo con leggerezza, perché secondo il mio modesto parere il cinema è ancora nella sua piena gioventù, e quindi dovremmo averne cura come si fa con un ragazzino che sa senza dubbio camminare, parlare, scherzare, piangere, studiare ma deve ancora scoprire la vita adulta. Ecco perché necessita di uno sforzo costante di comprensione, essendo in continua mutazione, non capisce sé stesso e noi non capiamo lui fino in fondo. Soprattutto continua a farmi impressione che grandi o grandissimi cineasti, che tutti amiamo e onoriamo, si lascino andare a considerazioni ultimative, al punto che viene il dubbio parlino per sé stessi, delle proprie paure. A volte mi viene anche da pensare che solo i posteri potranno emettere qualche sentenza, perché guardando dal futuro remoto tutte le nostre previsioni sbagliate, potranno prenderci un po’ in giro, come facciamo noi quando pensiamo, con rispettosa tenerezza, che gli stessi Lumière emisero la famosa sentenza: “il cinema è un’arte senza futuro”».

Daniele Vicari
è uno dei registi più apprezzati e premiati del cinema italiano. Tra i suoi film: Velocità massima (2002), Mostra del Cinema di Venezia e David di Donatello migliore opera prima; L’orizzonte degli eventi (2005), Semaine de la Critique di Cannes; Il mio paese (2006), David di Donatello miglior documentario. Con Il passato è una terra straniera (2008), dal romanzo di Gianrico Carofiglio, vince il Miami International F. F. Nel 2012 presenta al Festival di Berlino Diaz – Don’t Clean Up This Blood, sui drammatici fatti del 2001 al G8 di Genova, vincendo il premio del pubblico, quattro David di Donatello e tre Nastri d’Argento. Poi realizza La nave dolce (2012), premio Pasinetti; Sole Cuore Amore (2016), premio Giuseppe De Santis. Con il film tv Prima che la notte (2018) racconta la storia di Giuseppe Fava. È tra i fondatori della Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté di cui è direttore artistico. Per Einaudi ha pubblicato Emanuele nella battaglia, il suo primo romanzo (2019).

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